Woodpecker: Non è un disco volante quello tra i canneti a Milano Marittima
Non è un disco volante.
Quello che si vede camminando tra i giunchi, inoltrandosi fra le sterpaglie, subito dopo aver parcheggiato la macchina in maniera un po’ illegale sul viale alberato Nullo Baldini a Milano Marittima (frazione di Cervia, ridente comune della Riviera Adriatica), non è un disco volante.
È un’ex discoteca.
È quello che resta del Woodpecker Night Club.
La scaletta in pietra ricoperta di edera ti accompagna al cratere.
E finalmente metti a fuoco ciò che hai davanti.
L’ex discoteca Woodpecker è una struttura davvero visionaria per il 1966, anno in cui è stata progettata dall’architetto Filippo Monti e anche per il 1968, anno in cui è stata edificata grazie al contributo dei fabbri ferrai di Forlì.
La leggenda vuole che il tutto fu eretto in soli due giorni di cantiere, grazie ad un’impresa costruttrice di barche.
Erano gli anni d’oro della Riviera, della dolce vita, dei dancing e della villeggiatura estiva.
Cominciava il lusso dei primi eccessi e tutto doveva stupire.
Anche il Woodpecker, un edificio di pura avanguardia architettonica.
Incastonato su una piattaforma galleggiante in marmo giallo di Siena, circondato dai laghetti palustri tipici della zona, emerge un enorme guscio aureo.
Una cupola in vetroresina nervata con costoloni in ferro ricoperti di alluminio, per gli addetti ai lavori. Un immenso ombrello dorato, arrugginito e dimenticato da troppo tempo, per gli altri.
Per tutti, un edificio dall’impatto visivo potente.
La geometria del luogo, già dal suo concepimento astratto doveva essere in equilibrio con gli elementi della natura: la terra, l’acqua e il cielo.
Il Woodpecker (ora diremmo 2.0, dato che il locale si era già trasferito da una prima, più anonima, struttura in centro a Milano Marittima, per ragioni di inquinamento acustico) chiuse a metà degli anni ‘70.
La causa fu un incendio scaturito da un cortocircuito nella zona dei bagni, la parte tuttora più spettrale e degradata del complesso.
Solo rifiuti gettati a terra, calcinacci polverosi e pareti taggate a bomboletta.
Oggi in un labirinto di canne, il Woodpecker giace completamente vuoto e abbandonato.
Ma è all’interno della cupola che si nasconde il vero tesoro.
Inaspettato e perfettamente contestualizzato nel suo habitat naturale, un enorme graffito dello street artist Blu ricopre la superficie di tutte le pareti.
Figure mastodontiche in bianco e nero ti guardano con i loro occhi sgranati, in un intreccio di arti bionici. Qua e là misteriosi palombari insieme a creature ultraterrene e antropomorfe si abbracciano come in un girotondo assurdo, su tutto il perimetro interno.
All’inizio ci si sente un po’ intimoriti da quegli sguardi così indagatori, ma poi non resta che la meraviglia di osservare ogni minimo particolare a bocca aperta.