Il tramonto definitivo di Wind Jet
Un copione già scritto, una rappresentazione già vista, quella andata in scena nel mese di agosto di due anni fa. La compagnia aerea Wind Jet, leader nei voli low cost da e per Catania aveva lasciato i propri passeggeri a terra, migliaia impossibilitati ad iniziare o completare il viaggio prenotato e pagato, lavoratori di terra e dell’aria in agitazione, e tutti contro tutti, vettori ed autorità aeree compresi, a darsi colpe e lanciarsi accuse. Non si contano più le compagnie aeree italiane che hanno abbandonato il campo in questo modo, lasciandosi dietro morti e feriti e sempre di più una convinzione: che in Italia non si possa fare trasporto aereo. Meno che meno ora, in un mercato stretto fra le low cost straniere ed i super-vettori arabi che dettano legge (vedi come ultimo la vicenda Alitalia – Etihad): le prime sul corto-medio raggio, i secondi sul lungo raggio.
Eppure nel caso di Wind Jet le premesse sembravano diverse. Era stato firmato un contratto, a sua volta facente seguito ad un precedente memorandum d’intesa stipulato parallelamente anche con Blue Panorama, in base al quale le attività di trasporto passeggeri di linea della compagnia aerea siciliana sarebbero state integrate nel gruppo Alitalia. Sembrava essersi dunque conclusa positivamente la negoziazione dei progetto di re-integrazione fra Wind Jet e la compagnia di bandiera, ed avrebbe dovuto iniziare la fase propedeutica all’integrazione industriale. (vedi altre informazioni riguardo Wind Jet)
Invece non è successo nulla in tal senso, e fra accuse reciproche dei due vettori ed azioni tiepide da parte delle istituzioni, la compagnia catanese ha volontariamente messo in deposito gli aerei. i quali hanno subito preso la via dei lessor dai quali erano stati presi a noleggio, meno uno che è stato posto sotto sequestro su istanza dell’aeroporto di Catania, uno dei tanti creditori, prima che l’ENAC le revocasse il COA.
Partita nel 2003 con un’esposizione di 13 milioni di euro, Wind Jet ha finito per accumulare 140 milioni di debiti, di cui parecchi con gli aeroporti. primi fra tutti quelli di Catania e Rimini, e poi naturalmente con il sistema bancario. Solo due anni, il 2005 ed il 2008 sono stati chiusi in attivo, mentre i dipendenti sono cresciuti dai 33 dello start-up agli oltre 500 attuali (più circa 300 indotti), che adesso sono in cassa integrazione straordinaria. In attesa che si chiariscano le possibilità di andare verso una “newco” che rilevi gli assett di volo. Esattamente quello che sembrava voler fare Alitalia.
Secondo Wind Jet le condizioni poste da Alitalia per chiudere positivamente l’accordo erano state soddisfatte, Alitalia accusa invece la compagnia siciliana di non possedere in realtà gli slot esercitati e che avrebbero dovuto essere ceduti in osservanza alle richieste dell’Antitrust, cosa nota da anni e già emersa anche in ricorsi alla giustizia amministrativa e si preannunciano azioni legali, da una parte e dall’altra come sempre avviene in questi casi. Che i fatti sembrino dare ragione a chi aveva guardato fin dall’inizio all’operazione Alitalia-Wind Jet come una mossa per togliere una concorrente dalla scena (due con Blue Panorama, che però ad un certo punto si è defilata, nonostante si dica che non se la passi finanziariamente benissimo) è a questo punto marginale. Rimane il fatto che l’aerotrasporto italiano si ritrova a questo punto definitavamente sulla via del tramonto e con oltre 500 lavoratori lasciati a spasso.