Il populismo ci ha lasciato ai tempi di Chernobyl
L’approvazione della Corte Costituzionale sul referendum da inizio alle polemiche. Comincia così il dibattito che durerà fino alla prossima primavera sempre che, fino ad allora, il governo riuscirà a mantenersi saldo in sella.
È ora che gli italiani si rendano conto che il gioco dell’emotività, che ormai da tempo portano avanti i contrari, è solo un gioco ipocrita che non tiene conto delle reali necessità energetiche del Paese. Quando Edo Ronchi, presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile, sostiene che “Non è utile tornare al nucleare in Italia e non è necessario perché costa troppo e perché possiamo benissimo farne a meno”, sarebbe da domandargli cosa fa dopo il tramontar del sole, se accende la candelina oppure spinge l’interruttore della luce, perché se fosse la seconda opzione quella scelta, sarebbe il primo nella lista degli ipocriti.
Inoltre, per quanto riguarda i costi elevati, dovrebbe sapere che, dal 1987 ad oggi, l’Italia ha pagato un quarto delle centrali nucleari francesi . 24 anni fa si scelse di abbandonare il nucleare sulla scia emotiva del disastro di Chernobyl, ma non si scelse tuttavia di rinunciare all’energia elettrica. Gli stessi paesi che votarono un referendum analogo, come Svezia e Germania, sono nel tempo tornati sui propri passi proprio perché consapevoli dell’importanza dell’indipendenza energetica.
È ora di finirla di nascondersi dietro un dito. Sostenere che dire no significa proteggere i propri figli, significa non essere concreti. L’Italia è in grave ritardo sul nucleare, pur essendo italiano il primo contributo in questo campo. Aspettare ancora significa solo non garantire ai nostri figli un’autonomia energetica e significa consegnarli nelle mani di un futuro incerto ed di un paese poco evoluto.
MG Gargani
Movimento Unione Italiano