L’ultima chance per i ricercatori precari: 470 concorsi per ottenere il posto a vita
Oggi il quotidiano La Stampa ha diffuso la notizia che gli Atenei italiani, negli ultimi quindici giorni di dicembre, hanno indetto una mole enorme di concorsi, quasi pari a quella di tutto il resto del 2010.
I bandi, dal primo gennaio al 13 dicembre 2010, sono stati circa 600; dal 14 dicembre a fine anno, sono stati addirittura 470. Questa mossa rappresenta il colpo di coda delle università per stabilizzare i precari e per usufruire di fondi, già incassati, che altrimenti avrebbero dovuto restituire. La riforma Gelmini, anche se passata all’esame delle Camere, non è ancora stata pubblicata e, per essere applicata, avrà bisogno di innumerevoli decreti attuativi, che ancora non ci sono: per questo molti atenei non hanno perso tempo e hanno pensato di sistemare la posizione lavorativa di molti ricercatori precari, che avranno così, per l’ultima volta, la possibilità di restare ricercatori a vita. La riforma dell’Università, infatti, ha abolito la figura del ricercatore a tempo indeterminato: d’ora in poi si potrà essere ricercatore per un massimo di otto anni, al termine dei quali o si diventa professori associati o si esce per sempre dal mondo accademico.
Soddisfatti per l’indizione di questi concorsi i membri dell’Apri, l’Associazione dei precari della ricerca italiani; il loro presidente, Alessio Bottrighi, però ha rivelato che le università avrebbero potuto fare molto di più, perché in possesso di fondi per bandire altri 130 posti: alcuni atenei, invece, tra cui Palermo, Siena, Tor Vergata, hanno deciso di intascare i soldi, senza indire concorsi.
Intanto ieri al Quirinale, sono stati ricevuti dal presidente Napolitano i rappresentanti del Cnsu, il Consiglio nazionale degli studenti universitari; il capo dello Stato avrebbe espresso loro l’invito ad essere propositivi, visto che la riforma è un processo appena iniziato, che può ancora essere migliorato.
P. Pigliapoco
Movimento Unione Italiano