Berlusconi: non vado dai Pm. Serve chiarezza, l’Italia rischia il pubblico ludibrio
Il Rubygate entra nel vivo e la bufera si sposta dalle stanze della procura a quelle della politica. Un fuoco incrociato di dichiarazioni ha sommerso le maggiori agenzie di stampa e grazie allo scorrere di fiumi di inchiostro si sono riempite le prime pagine di tutti i quotidiani nazionali, dalle maggiori testate ai piccoli free press.
La notizia del giorno è che il premier, con tutta probabilità, non si presenterà davanti ai magistrati in quanto, secondo i legali del Cavaliere, la procura di Milano non avrebbe competenza territoriale, cosa che atterrebbe alla procura di Monza. Non ci saranno passi indietro, questo è quello che dichiara il primo ministro ai giornalisti che gli paventano la possibilità di dimettersi, aggiungendo di essere assolutamente sereno e in parte anche divertito da questo maldestro tentativo golpista.
Dai suoi ex alleati finiani, attraverso le parole di Carmelo Briguglio, capo della segreteria politica di Fli, arriva una ciambella di salvataggio che difficilmente il premier raccoglierà: «Non avremmo nulla in contrario che Berlusconi, dopo aver aperto la crisi di governo con le sue dimissioni, possa proporre il nome di un nuovo premier, essendo egli il leader del partito di maggioranza e della coalizione di governo, ruolo che ormai non può più coincidere con quello di presidente del Consiglio». Meno accomodante e decisamente più caustico il commento-consiglio di Pier Luigi Bersani: «Il mondo ci guarda, e visto che ce l’ha così intensa, Berlusconi si ritiri a vita privata». Il segretario del Pd tira fuori la questione del discredito internazionale ma il presidente del Consiglio deve far fronte, in primo luogo, alle frizioni che si sono venute a creare all’interno dei confini nazionali. Prima tra tutte, l’allontanamento fisiologico dell’area cattolica, da sempre ago della bilancia degli equilibri elettorali, che attraverso le pagine di famiglia cristiana non fa mancare il suo punto di vista sulla vicenda: «Nel caso della minorenne Ruby, marocchina che si tentò di far passare per nipote del presidente egiziano risalta la personalità di un politico che, forse, ha sbagliato secolo, immaginandosi simile ai signori rinascimentali ai quali tutto era permesso, grazie all’assenza di un’opinione pubblica informata e all’acquiescenza delle gerarchie circostanti».
Malgrado il manifestato appoggio della Lega (“é un onore far parte di questa maggioranza” e “manteniamo il clima giusto per le riforme”), sembra sbriciolarsi di giorno in giorno la cortina protettiva che era stata eretta a difesa del premier. I cattolici non ci sono più e la loro più diretta espressione politica, l’Udc di Casini, primo indiziato per un ipotetico allargamento della maggioranza, prende sempre più le distanze. L’opposizione attacca per sfruttare l’impasse e da Fli alle sinistre si invocano elezioni anticipate. Per una volta sembra più assennato che retorico il messaggio proveniente dal Quirinale: «Il paese è turbato, fare chiarezza». La chiarezza serve e in tempi brevi, perché in tutta questa vicenda non sia l’Italia a pagare il prezzo più alto.
Movimento Unione Italiano