La stampa europea scrive il necrologio italiano. C’è bisogno di ripartire, con o senza Berlusconi
Qualche anno fa fu l’Economist a definire Berlusconi inadatto alla guida del paese.
Oggi è il Financial Times a rincarare la dose, con una sorta di necrologio dedicato ad un Governo che è appena uscito dal voto di fiducia con il petto in fuori e lo sguardo fiero tipico dei vincitori. Il quotidiano londinese argomenta con dovizia di particolari la sua personale bocciatura: l’Italia, rispetto a due anni fa, cresce meno, è più indebitata ed è meno competitiva.
Scrive il FT appena prima dell’esito sul voto di fiducia: “la prospettiva del crollo di un governo potrebbe avere ripercussioni sulla instabile finanza del Paese in un momento di grave tensione nei mercati. Alcuni temono che l’Italia – finora ai margini della crisi che affligge i paesi più piccoli come l’Irlanda e la Grecia – potrebbe improvvisamente trovarsi in prima linea”. Il Governo non è caduto ma la fiducia risicata non permette di dormire sonni tranquilli.
Il premier, vessato dalla stampa europea, tenterà un ulteriore colpo di coda cercando di convincere tutti quei deputati delusi ad unirsi nella grande casa delle libertà. Un passaggio obbligato per poter sperare di governare e di attuare un processo di riforme senza il quale si resta inchiodati al palo.
Se Berlusconi non dovesse riuscire nell’impresa le urne si profilerebbero all’orizzonte come il peggiore degli incubi. Agli italiani resta una triste certezza – annota FT – la morsa del debito pubblico al 120% sul prodotto interno lordo – 1.800 miliardi di euro – più del debito di Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna messe insieme. Situazione che graverà per il futuro (chiunque governi) e che costerà tagli ed austerità di bilancio. Allo stesso tempo gli italiani – spiega FT – se guardano al 2000, vedranno come questo decennio è andato perso nella stagnazione, tutt’altro rispetto a quel “miracolo economico” e a quella “rivoluzione liberale” che Berlusconi aveva promesso fin dai suoi primi passi sulla scena politica nel 1994. Quell’imprenditore coraggioso ed impolitico che avrebbe arrestato il declino nazionale, oggi deve fare i conti con i numeri impietosi di un paese che ha urgente bisogno di una sterzata per ripartire. Se sarà in grado Berlusconi o se toccherà a qualcun altro, questo non conta più, l’Italia deve arrestare questo declino e intraprendere la via della risalita attraverso il rilancio dell’economia e le riforme del fisco e del lavoro.
Alessio Moriggi