La crisi di fatto non è risolta: urge patto con l’UdC, altrimenti elezioni a marzo
Silvio Berlusconi ha vinto la sua battaglia politica, ma soprattutto la sua battaglia personale contro l’odiato Fini. Ha affermato ancora una volta la sua superiorità nello scontro diretto, nel sapersi accaparrare anche all’ultimo minuto i due voti decisivi, nello sbaragliare con un vigoroso colpo di coda quegli avversari, che credevano di avere ormai la vittoria in tasca.
Il Cavaliere però è astuto ed è consapevole che questo successo non gli consentirà mai di governare serenamente, perciò deve passare alla seconda fase della sua strategia: aprire all’UdC. Dopo l’affermazione di forza, è giunto ora il momento di trattare con Casini, anche se l’impresa non sarà facile: ma al premier le imprese impossibili sono sempre piaciute e, spesso, anche riuscite. Pierferdi per ora declina ogni trattativa: «Abbiamo chiesto al Cavaliere di dimettersi, prima o dopo il voto alla Camera, per dare vita ad un governo di responsabilità più ampio, ma il presidente del Consiglio non ha ritenuto di ascoltare il nostro suggerimento. Ora ha ottenuto la fiducia che voleva, per tre voti: ebbene governi!» ha detto il leader centrista.
Berlusconi però non può arrendersi così e sarà disposto a fare molte concessioni a Casini, prima tra tutte l’apertura di una “crisi pilotata”, che permetterebbe l’allargamento della maggioranza. Il tempo che il Cavaliere e la Lega si concederanno per conseguire l’accordo con l’UdC è fissato entro il sette gennaio prossimo, «altrimenti – ha detto il ministro Maroni – si andrà a votare a marzo». Quest’ipotesi sembra volerla, però, scongiurare il premier, che ieri, dopo il colloquio con Napolitano, si è detto convinto della pericolosità che le urne rappresentino per il Paese, salvo poi ammettere che le elezioni restano comunque un’ipotesi contemplata, qualora fosse impossibile accordarsi con i centristi.
Preziosi alleati del premier, per la felice conclusione del patto con l’UdC, saranno senz’altro: Napolitano, da sempre fervido oppositore del voto anticipato; il mondo dell’impresa e del lavoro, con la presidente di Confindustria, Marcegaglia, ed il segretario della Cisl, Bonanni, in testa; le alte gerarchie ecclesiali, che auspicano già da tempo un ricongiungimento dell’area dei moderati.
Il momento cruciale per la soluzione della crisi, dunque, giunge adesso. Se non si riuscirà ad allargare la maggioranza all’UdC, la vittoria di Berlusconi di ieri sarà stata davvero una “vittoria di Pirro”, utile per imbaldanzirsi un po’, ma inutile per mettere fine alle contese che lacerano la vita politica italiana e, di riflesso, anche quella sociale. Gli italiani pretendono risposte concrete ai problemi che affliggono il Paese già da troppo tempo e non intendono attendere oltre.
P. Pigliapoco